il blog di Manlio Onorato

Il blog di Manlio Onorato ... immagini, pensieri, divagazioni

mercoledì 26 dicembre 2012

Hannelore Baron

Dedico questo post a un'artista che ho imparato a conoscere navigando in internet; "nei fondi cieli" le figure dell'arte si rivelano a noi con l'urgenza dell'autenticità. 
 

Nata nel 1926 a Dillingen (Germania), Hannelore Baron visse sulla propria pelle il trauma delle persecuzioni razziali: il piccolo negozio di tessuti del padre e l'abitazione furono distrutti dai nazisti nel '39. Riuscì fortunatamente ad espatriare e nel '41 si stabilì a New York con la famiglia. La sua vena artistica più autentica si manifestò verso i quarant'anni quando iniziò a realizzare con vari materiali di recupero collages e assemblages, generalmente di piccole dimensioni, nei quali l'orrore, le ansie, le depressioni, la rabbia anche (lei stessa rivendicava la sua partecipazione attraverso l'arte alle proteste che scuotevano gli Stati Uniti alla fine degli anni sessanta) trovavano sofferta espressione, ma anche accenti di delicata, intima poesia.
Hannelore Baron morì di cancro nel 1987. Sue opere figurano nelle collezioni di alcuni dei più importanti musei americani; le dedicò una mostra postuma anche il Solomon Guggenheim Museum di New York.
 
Due personali sono attualmente allestite fino al 12 gennaio alla Leslie Feely Fine Art  di New York e fino al 19 gennaio alla Manny Silverman gallery di Los Angeles.
 
 

 
 

giovedì 6 dicembre 2012

Ma è poi vero che con la cultura non si mangia?

Vaste aree minerarie dismesse e degradate, una disoccupazione altissima, un reddito pro-capite tra i più bassi dell'intera nazione; per rilanciare la cittadina di Lens e il territorio circostante lo stato francese e la regione del Nord Pas de Calais hanno investito somme enormi nella costruzione di un museo, sede staccata del Louvre. Progettato da un team di architetti giapponesi, appena inaugurato dal presidente François Hollande, che l'ha definito “una folle scommessa e un esempio riuscito di decentralizzazione e di valorizzazione del territorio, passando per la cultura”sarà aperto al pubblico il prossimo 12 dicembre. Quando nel 2004 il Louvre decise di aprire una nuova sede fu compilato un elenco di aree in grave crisi economica che proprio da tale insediamento avrebbero potuto trovare l'occasione di un rilancio, secondo una formula già sperimentata con successo a Bilbao con il Museo Guggenheim: la scelta cadde su Lens, centro minerario decaduto. Il nuovo museo è destinato ad ospitare a rotazione circa duecento opere provenienti dalla sede parigina, compresi capolavori di rilevanza assoluta, e inoltre mostre temporanee (la prima è dedicata al Rinascimento). Sono già numerose le richieste di nuove licenze per bar, ristoranti, alberghi ed è previsto l'arrivo di almeno mezzo milione di turisti all'anno. “E noi qui, malinconici, a guardare" commenta Gian Antonio Stella in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera "E ad ascoltare tutti i giorni il solito ritornello: c'è la crisi, bisogna tagliare, con la cultura non si mangia..."
 
 

venerdì 30 novembre 2012

Amore e desiderio

Probabilmente l'uomo è condannato a una perenne insoddisfazione, se è vero il celebre aforisma di Marcel Proust: "Si ama solo ciò che non si possiede del tutto". Ci affascina soprattutto ciò che non abbiamo e ci sfugge o abbiamo già perso. Per usare ancora le parole del celebre scrittore, "i veri paradisi sono i paradisi perduti".

 
 
 
 

sabato 10 novembre 2012

Ha quattrocento anni il Vocabolario della Crusca

Si sono recentemente celebrati i quattrocento anni del Vocabolario della Crusca, edito nel 1612 dall'omonima accademia fiorentina; all'epoca, come  puntualizza Cesare Segre in un articolo sul Corriere della Sera ,"nessuna delle grandi lingue moderne aveva un vocabolario in cui fosse depositato l'assieme delle parole e dei modi di dire che costituiscono ciascuna lingua [...] Ma cos'è un vocabolario o dizionario? Oggi lo sappiamo tutti, e sappiamo come lo si usa. Sappiamo che di ogni lemma il vocabolario illustra il significato, o i vari significati; che le reggenze di parole e verbi sono indicate nel seguito della voce, e così via. Ma tutto questo dovettero inventarselo gli accademici della Crusca". Particolare significativo: quel primo vocabolario, ideato e realizzato a Firenze, fu dato alle stampe a Venezia, quasi a rappresentare un'identità della cultura italiana capace di superare confini che sarebbero caduti dopo oltre due secoli (nel 1866, con l'annessione del Veneto al Regno d'Italia proclamato cinque anni prima).
Tra tradizione e innovazione l'Accademia ha saputo stare al passo dei tempi; con il titolo "Accademia 2.0: sbarca su Facebook e Youtube " un articolo sul quotidiano fiorentino La Nazione illustra i progetti per potenziare la presenza sul web dell'antica istituzione, che già dispone di un proprio sito.


sabato 27 ottobre 2012

"Nasciamo, per così dire, provvisoriamente..."

Il 26 dicembre scorso inauguravo questo blog nel segno di Rainer Maria Rilke, da un cui verso avevo ricavato il titolo. Del grande poeta voglio ora ricordare una frase che andrebbe meditata con attenzione in quest'epoca di inquietanti quanto improbabili miti identitari privi di fondamento storico e al tempo stesso di false e mutevoli identità raccattate secondo la convenienza del momento. Quanta sofferta e profonda verità, all'opposto, nelle ispirate parole di Rilke!



 
"Nasciamo, per così dire, provvisoriamente, da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo, e ogni giorno più definitivamente".

domenica 21 ottobre 2012

Il passo discreto di Robert Walser


          Robert Walser
 :
Soggiorno in una casa di campagna è il titolo di una raccolta di saggi di Winfried Georg Sebald pubblicata recentemente da Adelphi, tra i quali spicca quello dedicato a Robert Walser; è a quel saggio che Pietro Citati dedica gran parte della sua recensione del libro sul Corriere della Sera : "Il suo legame con il mondo" scrive Citati di Walser " fu dei più labili. Non giunse mai a stabilirsi da nessuna parte: non poté mai disporre di qualcosa di suo, fosse pure l’oggetto più insignificante. Non ebbe mai una casa. Non abitò mai a lungo nello stesso luogo: non possedeva un solo arredo proprio. Aveva due vestiti: un abito buono e quello per tutti giorni. Non aveva libri, nemmeno quelli che aveva scritto. Ciò che leggeva lo prendeva a prestito. Scriveva su carta di seconda mano".
Anarchico e mite sognatore, Walser era l'emblema gentile e indifeso della precarietà, autore di pagine di sommessa e indicibile leggerezza. Camminatore instancabile, attraversò il mondo in punta di piedi, quasi volesse far dimenticare la sua presenza; internato nel sanatorio di Herisau, non volle allontanarsene dopo l'avvenuta guarigione e vi rimase per oltre vent'anni senza scrivere più nulla. Morì durante una passeggiata sulla neve il 25 dicembre 1956.




Lei non crederà assolutamente possibile che in una placida passeggiata del genere io m’imbatta in giganti, abbia l’onore d’incontrare professori, visiti di passata librai e funzionari di banca, discorra con cantanti e con attrici, pranzi con signore intellettuali, vada per boschi, imposti lettere pericolose e mi azzuffi fieramente con sarti perfidi e ironici. Eppure ciò può avvenire, e io credo che in realtà sia avvenuto.”

 

"La passeggiata", edizioni Adelphi
 

 

martedì 9 ottobre 2012

Vivere sotto assedio

Le foto di Gigi Riva , all'epoca inviato del quotidiano "Il Giorno" e attualmente giornalista del settimanale "L'Espresso", esposte in una mostra a Roma nell'ambito della manifestazione Fotoleggendo ripropongono una pagina dolorosa della nostra recente storia.
"Non sono un fotografo ma un giornalista. Se durante l'assedio di Sarajevo ho deciso di scattare alcuni rullini è perché ero ossessionato dal paragone col ghetto di Varsavia di cui esisteva solo la fortuita documentazione di un dilettante" scrive Riva nel catalogo "Dalle foto spero che emerga, assieme alla disperazione, anche l’estrema dignità di quegli abitanti che decisero di non piegare la testa e di simulare la normalità come forma di resistenza ".


sabato 6 ottobre 2012

Nominato il commissario del padiglione italiano alla Biennale di Venezia

Finalmente è stato nominato dal ministro per i Beni e le Attività Culturali Lorenzo Ornaghi il curatore del padiglione italiano alla prossima Biennale di Venezia: è Bartolomeo Pietromarchi, direttore del Macro di Roma. Lo ha intervistato per il quotidiano La Stampa Marco Vallora ( leggi l'intervista ), che tiene a precisare come tale nomina  sia avvenuta "nel condivisibile silenzio preparatorio d’un attento esame dei vari progetti, presentati da una rosa di prescelti: apprezzabile neo-metodo non tutto-italiano". Dalle sobrie dichiarazioni di Pietromarchi e dalle sue precedenti  esperienze si può desumere che sarà un padiglione di un genere assai diverso di quello "curato" l'anno scorso da Vittorio Sgarbi con le innumerevoli pletoriche diramazioni regionali. Un'altra breve intervista intervista la pubblica il sito di Artribune.
 
 

venerdì 28 settembre 2012

Una poesia di Luciano Erba

Recentemente un amico "se n'è andato", per sempre, oltrepassando la soglia che tutti ci attende, ineludibile. Vorrei ricordarlo con una poesia di grande delicatezza: l'ha scritta Luciano Erba, anche lui ormai scomparso un paio d'anni fa...






Quando ce ne andiamo

Quando ce ne andiamo ti ricordano per un sorriso
per un raro gesto di generosità
per un tic, per la balbuzie, per la loquacità
per la sciarpa bianca o cammello
per la cravatta sbagliata
per l'accento padano
quanto a me ricordatemi come volete
ancor meglio se ne fate a meno, vivete!
 

lunedì 24 settembre 2012

Pubblicate da Mondadori le interviste a Italo Calvino

Oggi sul "Corriere della Sera" Pietro Citati recensisce una raccolta di interviste a Italo Calvino curata da Luca Baranelli e Mario Barenghi (Sono nato in America. Interviste 1951-1985", edizioni Mondadori). "La cosa che più colpisce" scrive Citati "è la curiosità che Calvino prova verso sé stesso: una curiosità divertita, insaziabile, disperata, che non lo abbandonò mai dalla giovinezza al settembre 1985, quando il terribile ictus lo abbandonò al suolo sulla riva del mare. Calvino era curioso di sé stesso senza possedere un io, e soprattutto senza ostentarlo: non c’è una sola pagina qui, e in generale in tutta la sua opera, in cui egli si esibisca, si esalti, o aggredisca gli altri scrittori, vedendo in loro dei rivali o dei nemici".
Quale siderale distanza dal supponente egocentrismo di tanti scrittori sulla cresta dell'onda!
 

domenica 2 settembre 2012

Addio al cardinal Martini

Confesso che mi ha addolorato la scomparsa del cardinale Carlo Maria Martini: una voce autenticamente profetica, perché la profezia più che miracolosa preveggenza è lungimiranza di spirito. Ieri un articolo sul Corriere della Sera ne citava un intervento al Parlamento Europeo a Strasburgo nel 1997 (15 anni fa!) in occasione delle celebrazioni del XVI centenario della morte di Sant'Ambrogio (l'articolo era di Mario Monti, ma la citazione testuale è di tale pregnanza che avrebbe potuto riportarla tale e quale anche Vendola): «Ritengo si possa dire che l'Europa si trova di fronte a un bivio importante, forse decisivo, della sua storia. Da un lato, le si apre la strada di una più stretta integrazione: le linee per realizzarla sono molte e in gran parte sono incluse nella sua stessa storia. Dall'altro lato, la strada che può aprirsi è anche quella di un arresto del processo di unificazione o di una sua riduzione solo ad alcuni aspetti non pienamente rispettosi dei valori su cui deve fondarsi una vera Unione [...] La scelta, dunque, sembra essere tra un'unità più stretta capace di coinvolgere un maggior numero di popoli e nazioni e una battuta d'arresto che potrebbe portare alla disgregazione dell'edificio europeo o alla identificazione di tale edificio con una sola parte del Continente». Trovo queste parole di sorprendente attualità.

domenica 26 agosto 2012

A rischio la sopravvivenza dell'istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli

L'Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli rischia la chiusura; già è iniziato il trasferimento dell'immensa biblioteca con rare edizioni di Giambattista Vico e Benedetto Croce in un deposito a Casoria (Corriere della Sera del 24.8.2012). "Ormai non possiamo più pagare gli stipendi ai dipendenti e, se i creditori continueranno a premere, l' Istituto non arriverà a Natale" ha dichiarato il fondatore e presidente Gerardo Marotta. Una incredibile sequenza di inadempienze, promesse di una nuova sede mai realizzata, intoppi burocratici e tagli ai contributi di Stato e Regione sta portando al collasso l'istituto che -si legge in un'inchiesta dell'Unesco- "ha conquistato una dimensione che non trova termini di paragone nel mondo: organizza corsi dappertutto in Europa, pubblica opere in sei lingue antiche e moderne e contribuisce a fare di Napoli una vera capitale culturale". La lista dei protagonisti della cultura mondiale che si sono avvicendati in seminari e conferenze organizzati dall'istituto è impressionante: da Ilya Prigogine a Renato Dulbecco, da Karl Popper a Hans Georg Gadamer, da Jean Starobinski a George Steiner, per citare solo qualche nome. "Un giorno gli si darà ragione" ha scritto Jacques Derrida in una plaquette pubblicata  in occasione della laurea honoris causa concessa al presidente dell' Istituto dall' Università di Paris III Sorbonne "e si comprenderà che Marotta ha visto molto lontano e con grande anticipo".  Sul Corriere della Sera si legge anche della proposta di Marc Fumaroli di nominare Marotta senatore a vita: lo meriterebbe certamente molto più di altri. Condivido infine in pieno l'affermazione di  Yves Hersant, direttore del Centro Europa dell' École des hautes études en sciences sociales di Parigi: "Non è concepibile veder morire l' Istituto e la sua importante biblioteca che non sono solo patrimonio italiano ma di tutta l' Europa".
 
 

mercoledì 22 agosto 2012

Arrigo Levi: non chiamiamola più "particella di Dio"

Arrigo Levi
The Goddam particle (la particella maledetta): così il Premio Nobel Leon Lederman aveva scherzosamente definito in un suo libro il bosone di Higgs, la misteriosa entità ipotizzata da Peter Higgs nel 1964 ma di cui non si riusciva a dimostrare l'esistenza e sulla quale tuttavia sempre più numerosi i fisici -dopo le iniziali perplessità- erano pronti a scommettere. L'editore cambiò il titolo, sostituendo God a Goddam, conferendo un'alone di sacralità a quella che ormai sarebbe stata abitualmente denominata La particella di Dio. Ce lo ricorda Arrigo Levi in un elzeviro pubblicato oggi sul Corriere della Sera a qualche settimana dall'esito del clamoroso esperimento al CERN di Ginevra che lo ha finalmente "catturato" (non sono passati neppure due mesi, ma già si è sensibilmente attenuata l'eco mediatica). Condivido in pieno il giudizio di Levi: il bosone con "straordinaria storia del millenario dialogo tra l'uomo e Dio sul pianeta Terra non c'entra proprio per nulla". Sottoscrivo quindi l'invito ad abbandonare la fuorviante denominazione di particella di Dio e la conclusione dell'articolo: "La scienza faccia la sua parte, e lasci che la nostra intensa riflessione sulle sorti dell'umanità, e su Dio, faccia la sua".



venerdì 10 agosto 2012

Che fine ha fatto l'opera d'arte?

un'installazione a Documenta 13 - Kassel 2012
Con un elzeviro pubblicato ieri sul Corriere della Sera Danilo Eccher, attuale direttore della Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino, stigmatizza il fenomeno della "sparizione dell'opera d'arte", prendendo spunto dall'attuale edizione di Documenta Kassel.  Tali rassegne internazionali,  ormai numerose, di fatto non conservano più il compito originario, ereditato dalle grandi esposizioni di fine ottocento e vitale ancora fino a qualche decennio fa,  "di raccogliere le «novità dell’arte», presentare le sorprese dei nuovi linguaggi, svelare prospettive inattese e stupefacenti, poiché tali funzioni sono lasciate alla flessibilità delle fiere d’arte, alla velocità delle riviste specializzate, alla bulimica frenesia delle temporary galleries e ai loro temporary collectors". Grazie anche a internet si è oggi informati in "tempo reale" e appare sempre più improbabile l'utilità di faraoniche manifestazioni che dovrebbero periodicamente informare sullo "stato dell'arte"; sempre più deus ex machina d'ogni mega-rassegna è il curatore, il cui progetto finisce per relegare  "ad una inconsapevole marginalità il protagonismo dell’artista, per affermare una sempre più confusa e balbuziente centralità critica [...] L’effetto più sconvolgente è la quasi scomparsa dell’opera d’arte, sempre più ridotta a variabile decorativa o, nel migliore dei casi, a utile illustrazione del pensiero critico". Non è più quindi la singolarità dell'opera, il suo potenziale fantastico e perturbante o la sua apertura di senso a stimolare l'interpretazione e nuovi percorsi della mente, all'opposto l'arte -o forse inevitabimente qualsiasi prodotto possa farne le veci- diventa parte accessoria di un apparato discorsivo sorretto da fumose argomentazioni filosofiche e scientifiche (spesso purtroppo pseudofilosofiche e pseudoscientifiche).
E gli artisti? Molti, forse troppi, si adattano nella disperata ricerca di un posto al sole: "Spesso formalmente inconsistenti e linguisticamente sgrammaticate," osserva malinconicamente Eccher "molte opere assorbono, con ingenuità e cinismo, una superficiale aderenza a costruzioni teoriche confuse". Nessuna speranza, dunque, per l'arte contemporanea? Non necessariamente: "L’arte contemporanea" conclude l'articolo "è più viva che mai, non potrebbe essere altrimenti, solo che, forse, non frequenta più certe cerimonie, solo che, forse, non si riconosce più nelle categorie affaticate che hanno retto l’impalcatura del sistema fino a poco tempo fa".





lunedì 30 luglio 2012

Il sasso nello stagno (IV). Attenti alle "bufale"!

uno dei disegni del Fondo Peterzano
attribuiti a Caravaggio
Prende spunto dal tanto discusso "ritrovamento" dei cento disegni giovanili di Caravaggio l'articolo di Tommaso Montanari sul Corriere della Sera per stigmatizzare i troppo numerosi scoop rivelatisi infondati, talora nel volgere di pochi giorni. "Cosa è successo alla storia dell'arte?" si chiede preoccupato l'autore "Perché la rigorosa disciplina di Roberto Longhi ed Erwin Panofsky si è trasformata in un simile allevamento di bufale?". Paga anch'essa lo scotto della sudditanza al grande circo mediatico delle grandi mostre o -come si preferisce ormai dire- dei grandi eventi spesso costruiti proprio intorno a queste sedicenti scoperte. Si stenta ormai perfino a dirlo," osserva preoccupato Montanari "ma la storia dell'arte è una scienza storica e l'attribuzione (cioè la capacità di riconoscere gli autori delle opere d'arte) non è una dote innata, ma il frutto di un lungo e faticoso esercizio, una tecnica che si impara e che si insegna, un metodo del quale si può dar conto razionalmente e i cui risultati si possono verificare e falsificare": ovvio, ma tutt'altro che scontato, purtroppo.

martedì 17 luglio 2012

Paolini: "La bellezza appare in controluce"

un'installazione di Giulio Paolini
Ieri sul quotidiano La Repubblica è stata pubblicata l'ultima delle sei interviste dedicate da Franco Marcoaldi al "fantasma della bellezza", incontrando Giulio Paolini, artista concettuale secondo le classificazioni correnti, cui la sua opera sembra però sottrarsi per la forte connotazione estetica e un'eccedenza rispetto a qualsivoglia schema teorico. "Io penso alla bellezza" dice Paolini "come a una figura di cui non riusciamo a riconoscere i lineamenti e che sta collocata su una soglia, un confine, una frontiera: percepiamo che quella soglia è abitata, ma non riusciamo a sapere da chi, da quale immagine": un mistero, dunque, destinato a sfidare ogni definizione e a riproporsi di continuo. "La bellezza" continua l'artista "appare in controluce: le attribuiamo i lineamenti che i nostri occhi sono stati educati a vedere “dal vero”, ma che, di fatto, non le appartengono. E quindi non bastano a configurarla, a darle un volto". Nelle sue installazioni Paolini attinge spesso alla storia dell'arte e a un repertorio di immagini note in un complesso gioco di rimandi, allusioni, rispecchiamenti. Non manca nell'intervista una presa di distanza dai meccanismi invasivi del mercato: "I criteri riconosciuti e condivisi, che un tempo regolavano il mondo dell’arte, sono defenestrati, a favore di un sistema che tende a identificare il valore economico con il valore estetico dell’opera"



lunedì 16 luglio 2012

Caravaggio? La cautela è d'obbligo

La notizia (comunicato ANSA del 6 luglio) ha fatto rapidamente il giro del mondo, ovviamente: il ritrovamento di un centinaio di disegni di Caravaggio sarebbe a dir poco una scoperta strepitosa. Più che mai il condizionale è d'obbligo: prontamente sul Corriere della Sera Pierluigi Panza esprime non poche perplessità, condivise per altro da numerosi esperti. I disegni in questione appartengono al fondo, conservato nelle collezioni del Castello Sforzesco di Milano, del pittore Simone Peterzano, maestro del celeberimo artista; li hanno già studiati in passato insigni studiosi, nessuno dei quali ha mai azzardato che ve ne fossero decine di mano del Caravaggio, di cui si è sempre lamentato la scarsità di documenti sulla formazione -benché fosse ben nota la frequentazione della bottega del Peterzano- ma soprattutto la mancanza di opere riconducibili agli esordi. Interviene dopo qualche giorno sul sito Artribune Maurizio Calvesi , che non esita a stigmatizzare l'eco data dalla stampa a una notizia tutta da verificare: L’annuncio del presunto ritrovamento di disegni del Caravaggio a Milano segnala un aspetto preoccupante della superficialità dei media, giacché è stata diffusa da giornali che un tempo avevano ciascuno un critico d’arte attendibile a cui rivolgersi in casi del genere”. I disegni del citato fondo non sembrano essere tutti del Peterzano, ma anche di suoi allievi e quindi in teoria potrebbe essercene anche qualcuno di Caravaggio, che "sarebbe tuttavia estremamente difficile riconoscere basandosi sui criteri che sono propri della storia dell’arte e cioè sull’osservazione dello stile, stile iniziale di Caravaggio che peraltro non conosciamo"; la serietà degli studi, ahimé, mal si concilia con l'ansia dello scoop!

giovedì 5 luglio 2012

Dunque il bosone di Higgs esiste!

Il bosone di Higgs esiste, non è più solo un'ipotesi teorica, dopo 48 anni è finalmente arrivata la verifica sperimentale. Peter Higgs, che nel 1964 formulò l'ipotesi tra lo scetticismo di molti autorevoli scienziati (tra i quali ad esempio  Stephen Hawking ) non è riuscito a nascondere la commozione quando infine ieri dopo alcune anticipazioni al Cern di Ginevra è stata annunciata ufficialmente l'esistenza della particella , nota anche con la denominazione di "particella di Dio", poco amata in verità dallo scienziato. Oggi il quotidiano La Stampa pubblica un 'intervista che rivela il lato umano di questo distinto signore scozzese di 83 anni: "Ho cercato a lungo di essere distaccato ma alla fine non ho potuto evitare il coinvolgimento emotivo" confessa Higgs "Inizialmente non sapevo minimamente se la particella sarebbe stata scoperta con me ancora in vita". Appare ora assai probabile il conferimento del Premio Nobel.
Mi sembra infine giusto ricordare che alla realizzazione dell'acceleratore di particelle del Cern e alla riuscita dell'esperimento hanno dato un contribuito determinante studiosi e tecnici italiani. 


Il fisico John Ellis in un video spiega com'è e come funziona il bosone di Higgs

mercoledì 4 luglio 2012

A Chelsea è di scena la pittura


Sara Cain - galleria Lelong
Il portale Exibart segnala che a New York, a Chelsea per l'esattezza, cinque gallerie hanno programmato "una sorta di percorso in cinque tappe ...che si propongono attraverso l'aiuto di critici d'arte, curatori, galleristi e, ovviamente, pittori, di indagare quelle che sono le tensioni attuali dentro e fuori il medium più "artistico" di sempre", cioè la pittura. In realtà non poche delle opere esposte, almeno tra quelle riprodotte sui siti delle gallerie (Sikkema Jenkins & Co., Zach Feuer, James Cohan e le famosissime Luhring Augustine e Lelong, tutte comprese tra la 22esima e la 26esima strada), si scostano notevolmente da ciò che siamo abituati a definire pittura, a meno di non voler utilizzare la parola come comodo passepartout di nessuna utilità fenomenologica; ma ci sono altresì notevoli esempi di pittura a pieno titolo che deborda dall'ambito disciplinare più specifico per estendersi alla scultura e all'installazione. Interessante rilevare che gli artisti convolti sono ben 120, noti e meno noti, con opere che dai decenni scorsi si estendono alla più stringente attualità. "Una bella dissertazione," commenta con una punta di malizia Exibart "anche sulla modalità di 'unirsi' delle gallerie in un programma comune ma che, e non dimentichiamolo, forse vuole anche portare a Chelsea prima dell'estate qualche nuovo acquirente". Date per scontate le pur legittime motivazioni commerciali (e anche, nel pieno di una pesante crisi finanziaria, il comprensibile desiderio di ancorarsi alla tangibilità dei manufatti artistici anziché all'immaterialità concettuale), la pittura, nonostante le periodiche e spesso non disinteressate dichiarazioni di morte presunta, sembrerebbe quindi godere di ottima salute e di una sorprendente vitalità...



Josh Smith - James Cohan gallery
Zach Feuer gallery



domenica 24 giugno 2012

Tzvetan Todorov: riflessioni sulla bellezza

Lo scorso 21 giugno il quotidiano "La Repubblica" ha pubblicato un'intervista di Franco Marcoaldi a Tzvetan Todorov , prima di una serie dedicata al "fantasma della bellezza" (leggi l'articolo) . Argomento spinoso e francamente abusato: "Come tutti i concetti generali, anche quello di bellezza" sostiene Todorov "non si presta a una definizione puramente teorica, poiché riposa su una reazione condivisa intuitivamente" e soggetta al tempo stesso alle oscillazioni del gusto, a canoni tutt'altro che stabili. Né si può negare d'altra parte che spesso la celebrazione della bellezza -in passato almeno- si è associata alla celebrazione del potere. Ma è innegabile l'aspirazione dell'uomo a una rappresentazione intensificata e più alta, diremmo nobilitata, di sè e del mondo: rappresentazione che l'arte contemporanea sembra sprezzantemente rifiutare in nome della verità (quale?), della demistificazione e talora di un esasperato cinismo. "...può anche essere" continua Todorov nell'intervista "che la bellezza si sia rifugiata in altre attività, prive di riconoscimento. Come ci insegna il pensiero orientale, la possiamo trovare anche nei gesti minimi della quotidianità: curare un giardino, comporre un mazzo di fiori, impacchettare con cura un oggetto, possono produrre emozioni estetiche altrettanto intense". Dovremmo concludere che "la bellezza salverà il mondo", come vagheggia il principe Myškin in un celebre passo dell'Idiota di Dostoevskij, frase non a caso scelta da Garzanti quale titolo della traduzione italiana del libro di Todorov Les Aventuriers de l'Absolu ? Lo scrittore bulgaro ci ricorda come molto efferati dittatori e criminali conoscessero e amassero le più raffinate espressioni letterarie e artistiche; ma pensa che "il sentimento morale abbia un fondamento più antico, inscritto nella nostra natura biologica".

mercoledì 6 giugno 2012

Nietzsche: un filosofo pop?


Friedrich Nietzsche in un celebre ritratto
 di Edvard Munch del 1906
"Solo un americano poteva avere questo ardire: considerare Nietzsche un filosofo pop": esordisce con queste parole l'articolo di Vincenzo Trione pubblicato oggi sul "Corriere della Sera". L'americano è Arthur Coleman Danto , noto anche in Italia soprattutto per i suoi saggi di estetica (tra i quali "La destituzione filosofica dell'arte" e "L'abuso della bellezza"), ma  affermatosi in precedenza nell'ambito della filosofia della storia e dell'epistemologia; risale infatti al 1965 il testo ora pubblicato in italiano e recensito da Trione ("Nietzshe filosofo", Mimesis edizioni con l'introduzione di Tiziana Andina, che due anni fa per le edizioni Carocci aveva già dedicato a questi stessi temi un libro intitolato non a caso "Arthur Danto: un filosofo pop"). Del resto furono moltissimi gli  intellettuali (in particolare scrittori, poeti e artisti) che tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento furono conquistati da quella che Nietzsche stesso definì la "filosofia del martello", dialettica sovvertitrice di tutti i valori acquisiti: secondo Danto rappresentò in filosofia quello che nel secondo novecento Warhol rappresenta in arte.   

lunedì 28 maggio 2012

Non si farà la discarica di Corcolle


È ufficiale: la paventata discarica di Corcolle, sita a poca distanza da Villa Adriana di Tivoli, non si farà (leggi comunicato AGI). Si chiude così la spinosa vicenda che aveva suscitato le comprensibili proteste di Italia Nostra, delle associazioni ambientaliste e di numerose personalità della cultura e una vasta eco internazionale, nonché la minaccia di dimissioni del Ministro dei Beni Culturali, Lorenzo Ornaghi.

giovedì 24 maggio 2012

Musicalità della pittura di Carlo Nangeroni

"Venezia" , 2011, acrilico su tela cm 53 x 53
Dopo gli esordi figurativi e la successiva adesione ai modi dell' action painting da cui distilla una sempre più controllata gestualità, da oltre cinquant'anni Carlo Nangeroni costruisce con estrema sapienza le sue opere valendosi di un numero ridotto di elementi, in particolare il cerchio, quasi fossero note musicali suscettibili di un numero pressoché illimitato di combinazioni sia pure all'interno delle rigorose regole dell'armonia. Il riferimento alla musica è infatti immediato, come del resto per gran parte dell'astrattismo, ma raramente è sviluppata a tal punto e con tale leggerezza l'arte della variazione.
Opere recenti di Nangeroni sono esposte fino al 31 maggio alla galleria Scoglio di Quarto di Milano.

mercoledì 9 maggio 2012

Milano riscopre il Bramantino

Bramantino - Adorazione del Bambino - 1485 ca
Milano, Pinacoteca Ambrosiana
Ieri sul "Corriere della Sera" Pierluigi Panza annunciava l'inaugurazione il prossimo 15 maggio al Castello Sforzesco di Milano  della mostra dedicata a Bartolomeo Suardi (1465 - 1530),   meglio noto come Bramantino per le evidenti assonanze con l'opera del Bramante da cui seppe trarre stimoli importanti e innovativi, calandoli e reinventandoli negli umori lombardi: "un'esposizione interamente autoprodotta dal Comune di Milano", cioè non "realizzata da agenzie o creatori di eventi, ma dalla collettività civica [...] un'esposizione che cerca di smuovere un senso civico, rifiutando logiche di marketing". È un segnale forte, un segno di discontinuità rispetto a una prassi consolidata e assai diffusa e purtroppo non sempre giustificata; per giunta l'accesso al pubblico sarà gratuito, grazie alla collaborazione e alla generosa disponibilità di vari soggetti. "Gratis è l'allestimento di Michele De Lucchi, Francesco Dondina ha realizzato gratuitamente l'immagine e il fotografo Mauro Magliani ha lavorato con fondi universitari. La promozione è curata gratuitamente; il Fai e gli Amici di Brera hanno dato una mano per gli incontri e la struttura del Comune si è rimessa ad agire in proprio in maniera eccellente, non delegando a terzi o ricorrendo a società di servizi" sottolinea il curatore Giovanni Agosti. Pur mancando importanti capolavori, avendo attinto gli organizzatori alle sole collezioni  milanesi ("Siamo in crisi - dice Agosti - non ci sono soldi. È tutto fatto in casa"), la mostra si preannuncia di notevole interesse: nell'attuale, difficile momento economico un segnale importante, capace di coniugare rigore metodologico, qualità della proposta culturale e sensibilità sociale.

domenica 29 aprile 2012

Soltanto in sogno: la breve vita di Antonia Pozzi

"Grigna, settembre 1935"
"Il mio disordine. È in questo: che ogni cosa per me è una ferita attraverso cui la mia personalità vorrebbe sgorgare per donarsi ". Sono parole tratte dai Diari di Antonia Pozzi, di cui ricorre quest'anno il centesimo anniversario della nascita. Personalità complessa e sofferta, scelse la morte a soli 26 anni; la celebre italianista Maria Corti, che la conobbe negli anni dell'università, la definì "una di quelle piante di montagna che possono espandersi solo ai margini dei crepacci, sull'orlo degli abissi". Pubblicate postume nel '39, le poesie di Antonia Pozzi furono poi riproposte per interessamento di Eugenio Montale nella prestigiosa collana Lo specchio, dell'editore Mondadori, quale riconoscimento pieno della sua statura letteraria. Fino al 13 maggio una mostra a Riva del Garda riunisce documenti e fotografie della scrittrice, lasciate a Dino Formaggio ("Perché l'unico fratello della mia anima sei tu " si legge nel biglietto che accompagnava la busta che le conteneva), ulteriore testimonianza di una sensibilità che eccede la parola e l'immagine stessa; qualche mese dopo Antonia viene trovata agonizzante in un prato nei pressi dell'abbazia di Chiaravalle, avvelenata dai barbiturici.

La vita

Alle soglie d’autunno
in un tramonto
muto
scopri l’onda del tempo
e la tua resa
segreta
come di ramo in ramo
leggero
un cadere d’uccelli
cui le ali non reggono più.

18 agosto 1935




Soltanto in sogno. Lettere e fotografie per Dino Formaggio a cura di Giuseppe Sandrini, edizioni Alba Pratalia, Verona 2011
In questo libro sono riunite per la prima volta le appassionate lettere che Antonia Pozzi (1912-1938) inviò a Dino Formaggio, suo compagno di studi all'Università di Milano, negli ultimi due anni della sua vita, prima di morire suicida e di diventare, con la pubblicazione postuma di "Parole", una delle poetesse italiane più lette ed amate. A Dino Formaggio (1914-2008), destinato a una lunga e brillante carriera di filosofo dell'arte, Antonia affidò anche quella che considerava la sua più importante eredità: una busta piena di fotografie scattate nei suoi "luoghi dell'anima" (da Pasturo alle Dolomiti, dalla Liguria alle campagne lombarde), dietro alle quali scrisse delle didascalie che specificano impressioni, fantasie, sentimenti. Le lettere, quasi tutte inedite, sono pubblicate nel loro testo integrale e accompagnate da una scelta di 75 fotografie (riprodotte a colori per non perdere, nella stampa, le cromie d'epoca) che bene esprimono l'amore di Antonia per la natura e per le umili figure del lavoro umano: ne esce il ritratto veridico di un giovane donna in bilico tra la "fatica sacra" della poesia e l'urgere di una vita fortemente "sognata".

sabato 21 aprile 2012

Etica e scienza: un intervento di Dario Antiseri sul "Corriere della Sera"

Dario Antiseri
In un post dello scorso febbraio citavo un articolo di Claudio Magris sul "Corriere della Sera"  sulla "deriva del relativismo", spesso degradato a comodo opportunismo. Sulla stessa testata l'altro ieri Dario Antiseri sosteneva le ragioni di un equilibrato relativismo (vai all'articolo). Le due posizioni, più che essere antitetiche, sono complementari. Merita in particolare attenzione la rigorosa distinzione dei diversi domini dell'etica e della scienza: "La scienza sa, l'etica valuta. Molto può fare la ragione nell'etica, ma la cosa più importante che essa può fare in ambito etico sta nel farci comprendere che l'etica non è scienza. Esistono spiegazioni scientifiche e valutazioni etiche: non esistono spiegazioni etiche".

giovedì 12 aprile 2012

Tutta l'arte è contemporanea: Francesca Bonazzoli sul "Corriere della Sera"

Prendendo spunto dall'inaugurazione del MiArt , la fiera internazionale d'arte aperta da oggi a Milano e in particolare dalla distinzione tra arte moderna e contemporanea nella distribuzione dei settori espositivi di tale fiera, Francesca Bonazzoli sul "Corriere della Sera" sostiene che "quando Gino De Dominicis affermava che tutta l'arte è contemporanea non faceva che rimarcare quello che ogni artista ben sa: che cioè tutta l'arte nasce dall'arte" [...] Gli storici potranno separare, dividere, incasellare, ma il farsi del'arte è sempre, e non altrimenti, che contemporaneo [...] Non è forse arte ciò che è nel mondo sempre aperto al moltiplicarsi del suo senso? Ciò che non resta confinato in un tempo circoscritto e assoluto ma continua a rinnovarsi in una contemporaneità di segni? E non è questo tanto antico, quanto moderno e contemporaneo?".
Che dire però quando l'arte (o presunta tale) si riduce a un mero valore di scambio confinato nel tempo circoscritto di una compravendita di titoli finanziari?

leggi anche i miei post del  29.12.2011 e del 5.4.2012

giovedì 5 aprile 2012

Il sasso nello stagno (III). Damien Hirst e il pallino dell'arte

La prestigiosa Tate Modern di Londra dedica una grande retrospettiva a Damien Hirst, il più celebre degli Young British Artists lanciati alla fine degli anni 80 da Charles Saatchi (contitolare di un prestigioso studio pubblicitario, collezionista e gallerista).

 
Damien Hirst riesce sempre a far parlare di sé: e dopo gli squali e i vitelli in formaldeide e il famoso teschio tempestato di diamanti e poco prima della grande mostra alla Tate (i tempi non credo siano casuali...) ha esposto, contemporaneamente in tutte le undici gallerie di Larry Gagosian disseminate per il mondo, la serie completa dei suoi Spot Paintings, realizzati dal 1986 al 2011 ed eseguiti materialmente da un folto stuolo di collaboratori. Robert Storr, critico ed artista, rettore della Yale School of Art e Direttore dell'esposizione d'arte della 52a Biennale di Venezia nel 2007, è stato categorico: si tratterebbe di dipinti che "senza alcuna finezza pittorica ripetono su sfondo bianco opaco dei dischi da catalogo di colori -solo un pallido ricordo delle complesse reti policrome di Ellsworth Kelly, Gerhard Richter e altri modernisti [...] non hanno in realtà nulla a che fare con l'arte, a nessun livello. Hanno però molto a che fare con il tentativo di attrarre clienti pieni di soldi che non riescono a trovare strumenti finanziari interessanti per parcheggiare o investire rapidamente il loro denaro. Offrendone la serie completa, Hirst ha dato ai suoi Spot Paintings il carattere di arte industriale certificata, di un'emissione di azioni relativamente limitate e prontamente negoziabili, redimibili presso la Banca Gagosian, ben accolte dalle case d'asta in tutto il mondo". In definitiva un esempio lampante della fagocitante finanziarizzazione dell'economia a tal punto ramificata da poter parlare ormai di "finanziarizzazione dell'arte".

sabato 31 marzo 2012

La scomparsa di Antonio Tabucchi

Antonio Tabucchi
Qualche giorno fa è morto Antonio Tabucchi, uno scrittore che amo particolarmente per la malìa sottile della sua arte narrativa, ma anche per la raffinata cultura e la sua vena di polemista, schierato all'occorrenza ma sempre indipendente; si è spento nella "sua" Lisbona, la città di Pessoa, che ha il merito di aver fatto conoscere a tanti lettori, in uno scambio continuo e fecondo tra invenzione poetica e critica letteraria, fino a immaginare egli stesso "Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa" (è questo infatti il titolo di un suo racconto pubblicato nel 1994); sul letto di morte lo scrittore portoghese dialoga con i fantasmi di una vita intera, gli eteronimi tra i quali si sono consumate esistenze letterarie più vere di quelle reali. Credo che il senso profondo della testimonianza umana ed artistica di Tabucchi sia nelle pagine conclusive di "Notturno indiano": Roux, il protagonista e narratore, cerca in India le tracce dell'amico Xavier, da tempo disperso, e dopo un viaggio che è anche e soprattutto un'avventura dello spirito, rinuncia a cercare l'amico che non vuol essere ritrovato.

martedì 27 marzo 2012

"L'undicesimo giorno" di Francesca Ruth Brandes

L'editore Lieto Colle ha pubblicato nella Collana Blu "L'undicesimo giorno", il nuovo libro di poesie di Francesca Ruth Brandes .


[…] Siamo il nido di tutto e siamo l’uovo. Siamo l’universale concreto che pretende rispetto. Ricordo un passo di Simone Weil che mi è molto caro: C’è obbligo verso ogni essere umano, per il solo fatto che è un essere umano. Quest’obbligo non si fonda su nessuna situazione di fatto, su alcuna convenzione, quest’obbligo è eterno, risponde al destino eterno dell’essere. Per tutto questo, nel rumore inopportuno che percuote il nostro agire, dovremmo renderci conto che il potenziale di questo istante, di questo giorno faticoso, e talvolta sfiduciato, è altissimo. Profuma non solo di utopia, ma di concrete possibilità. […]
dalla prefazione di Francesca Ruth Brandes







Ciò che resta

Ho messo da parte
i tuoi passi un po’ stanchi

a bordo del canale
l
e bandiere di un rosso
sbiadito
dell’ultimo circolo
e il vino canaglia
del nostro discutere
cavo
la barca legata scrostata

dai pensieri.

Intorno sovrana
si gonfia la notte.

Ho messo da parte
i tuoi racconti
di personaggi storti
perduti anch'essi
scrostati dal salso
finiti nel vaso
del nostro narrare

li ho raccolti per l'alba.

E se ancora sogni
sul limitare dei cantieri
deserti
un esile suono di lotta
di sangue
vita che fiotta dalla gola
lascialo uscire per acqua
fino a Marghera.

lunedì 26 marzo 2012

I "Giardini di luce" di Joaquin Sorolla

Ha ragione Marco Vallora, recensendo la mostra di Joaquin Sorolla (1863-1923) al Palazzo dei Diamanti di Ferrara  -la prima in Italia- nel sostenere che, se " uno citasse oggi, in un articolo, il suo pur rilevante nome, quale riferimento imprescindibile di quel passaggio storico tra la Belle Epoque e la Modernità (accanto ai più persistenti Boldini, Tissot, Whistler, Zorn e Sargent) rischia di passare per snob, alla ricerca di nomi preziosi, ormai muti ai più. Mentre al tempo, invece, a Biennali e Quadriennali, era popolarissimo ed influente. Ma lo era per una pittura fluida, rutilante, mondaneggiante e mediterranea, di cui qui non c’è quasi più traccia" (leggi l'articolo).  Sorolla era certamente un artista di successo, alieno da radicalismi e  sperimentalismi che pure sembrerebbero stuzzicarlo; ma questa mostra, dedicata  alla produzione tarda (in buona parte contemporanea a cubismo e futurismo) e più intima, incentrata su quei "Giardini di luce" evocati dal titolo (quelli dell'Andalusia e poi quello della casa di Madrid) è un'autentica festa per gli occhi, godibilissima e peraltro assai più vicina alla nostra sensibilità delle opere che ne decretarono il successo. La pennellata, fluida e mobilissima, si concede in queste tele una straordinaria libertà, ma soprattutto colpisce ed affascina la luminosità palpitante che sembra irradiare dal supporto; ed è proprio questo debordare della luce il fulcro di tanta della migliore pittura del novecento... 

giovedì 22 marzo 2012

Ancora sulla retorica dell'inglese per tutti

Qualche giorno riferivo su questo blog di un articolo di Tullio Gregory sulla  retorica dell'inglese per tutti ( leggi l'articolo di Gregory sul Corriere della Sera ); interviene oggi sull'argomento -ancora sul Corriere della Sera Cesare Segre ( leggi l'articolo ), le cui osservazioni meritano attenzione : " È noto quanto sia scarsa in Italia la conoscenza delle lingue straniere" annota Segre "Basta sentire gli annunzi fatti nelle stazioni e all'interno dei treni o dei mezzi pubblici, per essere presi dallo sconforto.Il principale cambiamento intervenuto negli ultimi anni sta nel fatto che prima erano tre o quattro le lingue storpiate, ora è una sola, l'inglese. Insomma, un'unificazione linguistica sulla base dell'ignoranza. Perciò non si può apprendere se non con piacere che in qualche facoltà universitaria si faccia già lezione direttamente in inglese, almeno per certi corsi". Perciò ben venga la lingua inglese, sempre e comunque? Saggia la conclusione dell'articolo: "Nella furia di pretesa innovazione che sta strozzando il sapere umanistico, viene il timore che non si sappia distinguere fra la traduzione utilitaria, informativa, descrittiva, utile appunto a scopi pratici, e quella ad alta definizione, indispensabile per qualunque approfondimento di ordine culturale e storico-linguistico. Questo possibile errore di prospettiva significherebbe il sacrificio di qualunque ricerca umanistica progredita, e renderebbe l'uso dell'inglese un'esibizione di facciata. Realizzando un altro paradosso: concentriamo i nostri sforzi là dove la nostra soggezione verso l'estero è conseguenza inevitabile di un'inferiorità economica difficile da colmare; ci condanniamo invece a una sudditanza insensata in ambiti, come la ricerca umanistica, dove l'Europa, ma soprattutto l'Italia, godono di una riconosciuta superiorità. Pessimi esportatori, tra l'altro". Parole sante!