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giovedì 22 marzo 2012

Ancora sulla retorica dell'inglese per tutti

Qualche giorno riferivo su questo blog di un articolo di Tullio Gregory sulla  retorica dell'inglese per tutti ( leggi l'articolo di Gregory sul Corriere della Sera ); interviene oggi sull'argomento -ancora sul Corriere della Sera Cesare Segre ( leggi l'articolo ), le cui osservazioni meritano attenzione : " È noto quanto sia scarsa in Italia la conoscenza delle lingue straniere" annota Segre "Basta sentire gli annunzi fatti nelle stazioni e all'interno dei treni o dei mezzi pubblici, per essere presi dallo sconforto.Il principale cambiamento intervenuto negli ultimi anni sta nel fatto che prima erano tre o quattro le lingue storpiate, ora è una sola, l'inglese. Insomma, un'unificazione linguistica sulla base dell'ignoranza. Perciò non si può apprendere se non con piacere che in qualche facoltà universitaria si faccia già lezione direttamente in inglese, almeno per certi corsi". Perciò ben venga la lingua inglese, sempre e comunque? Saggia la conclusione dell'articolo: "Nella furia di pretesa innovazione che sta strozzando il sapere umanistico, viene il timore che non si sappia distinguere fra la traduzione utilitaria, informativa, descrittiva, utile appunto a scopi pratici, e quella ad alta definizione, indispensabile per qualunque approfondimento di ordine culturale e storico-linguistico. Questo possibile errore di prospettiva significherebbe il sacrificio di qualunque ricerca umanistica progredita, e renderebbe l'uso dell'inglese un'esibizione di facciata. Realizzando un altro paradosso: concentriamo i nostri sforzi là dove la nostra soggezione verso l'estero è conseguenza inevitabile di un'inferiorità economica difficile da colmare; ci condanniamo invece a una sudditanza insensata in ambiti, come la ricerca umanistica, dove l'Europa, ma soprattutto l'Italia, godono di una riconosciuta superiorità. Pessimi esportatori, tra l'altro". Parole sante!

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