il blog di Manlio Onorato

Il blog di Manlio Onorato ... immagini, pensieri, divagazioni

sabato 31 marzo 2012

La scomparsa di Antonio Tabucchi

Antonio Tabucchi
Qualche giorno fa è morto Antonio Tabucchi, uno scrittore che amo particolarmente per la malìa sottile della sua arte narrativa, ma anche per la raffinata cultura e la sua vena di polemista, schierato all'occorrenza ma sempre indipendente; si è spento nella "sua" Lisbona, la città di Pessoa, che ha il merito di aver fatto conoscere a tanti lettori, in uno scambio continuo e fecondo tra invenzione poetica e critica letteraria, fino a immaginare egli stesso "Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa" (è questo infatti il titolo di un suo racconto pubblicato nel 1994); sul letto di morte lo scrittore portoghese dialoga con i fantasmi di una vita intera, gli eteronimi tra i quali si sono consumate esistenze letterarie più vere di quelle reali. Credo che il senso profondo della testimonianza umana ed artistica di Tabucchi sia nelle pagine conclusive di "Notturno indiano": Roux, il protagonista e narratore, cerca in India le tracce dell'amico Xavier, da tempo disperso, e dopo un viaggio che è anche e soprattutto un'avventura dello spirito, rinuncia a cercare l'amico che non vuol essere ritrovato.

martedì 27 marzo 2012

"L'undicesimo giorno" di Francesca Ruth Brandes

L'editore Lieto Colle ha pubblicato nella Collana Blu "L'undicesimo giorno", il nuovo libro di poesie di Francesca Ruth Brandes .


[…] Siamo il nido di tutto e siamo l’uovo. Siamo l’universale concreto che pretende rispetto. Ricordo un passo di Simone Weil che mi è molto caro: C’è obbligo verso ogni essere umano, per il solo fatto che è un essere umano. Quest’obbligo non si fonda su nessuna situazione di fatto, su alcuna convenzione, quest’obbligo è eterno, risponde al destino eterno dell’essere. Per tutto questo, nel rumore inopportuno che percuote il nostro agire, dovremmo renderci conto che il potenziale di questo istante, di questo giorno faticoso, e talvolta sfiduciato, è altissimo. Profuma non solo di utopia, ma di concrete possibilità. […]
dalla prefazione di Francesca Ruth Brandes







Ciò che resta

Ho messo da parte
i tuoi passi un po’ stanchi

a bordo del canale
l
e bandiere di un rosso
sbiadito
dell’ultimo circolo
e il vino canaglia
del nostro discutere
cavo
la barca legata scrostata

dai pensieri.

Intorno sovrana
si gonfia la notte.

Ho messo da parte
i tuoi racconti
di personaggi storti
perduti anch'essi
scrostati dal salso
finiti nel vaso
del nostro narrare

li ho raccolti per l'alba.

E se ancora sogni
sul limitare dei cantieri
deserti
un esile suono di lotta
di sangue
vita che fiotta dalla gola
lascialo uscire per acqua
fino a Marghera.

lunedì 26 marzo 2012

I "Giardini di luce" di Joaquin Sorolla

Ha ragione Marco Vallora, recensendo la mostra di Joaquin Sorolla (1863-1923) al Palazzo dei Diamanti di Ferrara  -la prima in Italia- nel sostenere che, se " uno citasse oggi, in un articolo, il suo pur rilevante nome, quale riferimento imprescindibile di quel passaggio storico tra la Belle Epoque e la Modernità (accanto ai più persistenti Boldini, Tissot, Whistler, Zorn e Sargent) rischia di passare per snob, alla ricerca di nomi preziosi, ormai muti ai più. Mentre al tempo, invece, a Biennali e Quadriennali, era popolarissimo ed influente. Ma lo era per una pittura fluida, rutilante, mondaneggiante e mediterranea, di cui qui non c’è quasi più traccia" (leggi l'articolo).  Sorolla era certamente un artista di successo, alieno da radicalismi e  sperimentalismi che pure sembrerebbero stuzzicarlo; ma questa mostra, dedicata  alla produzione tarda (in buona parte contemporanea a cubismo e futurismo) e più intima, incentrata su quei "Giardini di luce" evocati dal titolo (quelli dell'Andalusia e poi quello della casa di Madrid) è un'autentica festa per gli occhi, godibilissima e peraltro assai più vicina alla nostra sensibilità delle opere che ne decretarono il successo. La pennellata, fluida e mobilissima, si concede in queste tele una straordinaria libertà, ma soprattutto colpisce ed affascina la luminosità palpitante che sembra irradiare dal supporto; ed è proprio questo debordare della luce il fulcro di tanta della migliore pittura del novecento... 

giovedì 22 marzo 2012

Ancora sulla retorica dell'inglese per tutti

Qualche giorno riferivo su questo blog di un articolo di Tullio Gregory sulla  retorica dell'inglese per tutti ( leggi l'articolo di Gregory sul Corriere della Sera ); interviene oggi sull'argomento -ancora sul Corriere della Sera Cesare Segre ( leggi l'articolo ), le cui osservazioni meritano attenzione : " È noto quanto sia scarsa in Italia la conoscenza delle lingue straniere" annota Segre "Basta sentire gli annunzi fatti nelle stazioni e all'interno dei treni o dei mezzi pubblici, per essere presi dallo sconforto.Il principale cambiamento intervenuto negli ultimi anni sta nel fatto che prima erano tre o quattro le lingue storpiate, ora è una sola, l'inglese. Insomma, un'unificazione linguistica sulla base dell'ignoranza. Perciò non si può apprendere se non con piacere che in qualche facoltà universitaria si faccia già lezione direttamente in inglese, almeno per certi corsi". Perciò ben venga la lingua inglese, sempre e comunque? Saggia la conclusione dell'articolo: "Nella furia di pretesa innovazione che sta strozzando il sapere umanistico, viene il timore che non si sappia distinguere fra la traduzione utilitaria, informativa, descrittiva, utile appunto a scopi pratici, e quella ad alta definizione, indispensabile per qualunque approfondimento di ordine culturale e storico-linguistico. Questo possibile errore di prospettiva significherebbe il sacrificio di qualunque ricerca umanistica progredita, e renderebbe l'uso dell'inglese un'esibizione di facciata. Realizzando un altro paradosso: concentriamo i nostri sforzi là dove la nostra soggezione verso l'estero è conseguenza inevitabile di un'inferiorità economica difficile da colmare; ci condanniamo invece a una sudditanza insensata in ambiti, come la ricerca umanistica, dove l'Europa, ma soprattutto l'Italia, godono di una riconosciuta superiorità. Pessimi esportatori, tra l'altro". Parole sante!

domenica 18 marzo 2012

L'altro ieri è stato presentato alla Biblioteca Civica "Giovanni Lovato" di Lonigo il libro "Parlami di filosofia" di Eliano Zigiotto, per il quale ho realizzato alcuni disegni


mercoledì 14 marzo 2012

Il paesaggio incantato

Ho approfittato del mio breve soggiorno a Francoforte per visitare allo Staedel Museum la mostra "Claude Lorrain. Il paesaggio incantato", aperta fino al 6 maggio.

Claude Lorrain - "Noli me tangere" - 1681

Un paesaggio inventato, scenario di episodi tratti da miti, poemi e testi sacri, ma inondato di una luce palpitante catturata in innumerevoli schizzi dal vero: una visione ideale che si nutre di emozioni autentiche. Emerge una sensibilità affatto nuova che lo porta a superare progressivamente l'impianto scenografico delle opere giovanili; dal classicismo carraccesco e dal magistero di Poussin, attraverso Agostino Tassi, l'artista sembra gettare un ponte verso romanticismo e impressionismo. Si deve probabilmente soprattutto a Lorrain l'affermarsi della moderna idea di paesaggio.

mercoledì 7 marzo 2012

La retorica dell'inglese per tutti

Non si può certo negare l'utilità della lingua inglese nel lavoro e più in generale nelle comunicazioni; comprensibile quindi che i progetti di riforma si preoccupino di diffonderne maggiormente  la conoscenza a tutti i livelli dell'istruzione scolastica. Ma un articolo di Tullio Gregory apparso oggi sul "Corriere della Sera" (leggi l'articolo) mette in guardia dai rischi della "retorica dell'inglese per tutti ". "Mentre la conoscenza e la pratica della lingua italiana regredisce nelle nostre scuole medie e la capacità di comprendere un testo scritto è sempre più ridotta negli adulti" ammonisce Gregory "si apre il miraggio dell'inglese come lingua comune dalle scuole alberghiere all'università: tutti dovranno parlare inglese, i portieri d'albergo come i professori, almeno per i dottorati di ricerca". L'uso di tale lingua è assunto dall'Anvur, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario della ricerca,  tra i parametri principali nella valutazione di "quello che, significativamente, è definito "prodotto", termine usato per indicare il risultato della ricerca scientifica [...] come se il valore della ricerca e dell'insegnamento dipendesse dalla lingua in cui si esprime". Del resto, sempre secondo l'Anvur, le pubblicazioni andrebbero valutate in gran parte sulla scorta del numero di citazioni collezionate nel giro di pochi anni (ed è chiaro che un articolo scritto in una lingua che molti conoscono ha più probabilità di essere letto; ma questo non è di per sè indice di maggiore qualità). "Cerchiamo di formare cittadini colti attraverso percorsi scolastici rigorosi" conclude Gregory "saranno migliori anche i "prodotti" per le imprese".

venerdì 2 marzo 2012

10.3.2012

Tra pochi giorni, sabato 10 marzo, inaugurerò la mia mostra a Francoforte, già annunciata in un post lo scorso dicembre.
L'opera riprodotta sull'invito ha lo stesso titolo del mio blog: "Nei fondi cieli"...