il blog di Manlio Onorato

Il blog di Manlio Onorato ... immagini, pensieri, divagazioni

venerdì 26 luglio 2013

Finestre di Manhattan

Immaginate un romanzo che abbia come protagonista una città; immaginate uno scrittore che da straniero la percorra -e la ripercorra- con l'innocenza della prima volta eppure con la capacità di trattenere il ricordo come preziosa reliquia. "Finestre di Manhattan" di Antonio Muñoz Molina è tutto questo ed altro ancora: un saggio, un reportage giornalistico, una raccolta di riflessioni. Soprattutto è un libro da leggere ed amare.

lunedì 1 luglio 2013

Rendere viva la pittura


Nei miei dipinti non si tratta di dipingere la vita, ma di rendere viva la pittura
Pierre Bonnard

Pierre Bonnard - "L'atelier della mimosa" - 1939 
La frase di Bonnard è un ammonimento a non cercare nell'opera di un artista un riflesso della sua biografia; eppure, come negare la rilevanza delle dolorose vicende esistenziali e dell'angoscia nella pittura di Edvard Munch? Egli stesso rievoca l'origine del suo celebre capolavoro, “L'urlo”, e delle sue varianti: "Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura".
La contraddizione è solo apparente: “È prestando il suo corpo al mondo che il pittore trasforma il mondo in pittura” -scrive Maurice Merleau-Ponty – e i modi di tale trasformazione sono i più vari, come varia profondamente da persona a persona lo sguardo sulle cose.

venerdì 14 giugno 2013

I Tartari e Godot

"Dal deserto del nord doveva giungere la loro fortuna, l'ora miracolosa che almeno una volta tocca a ciascuno"
Dino Buzzati, Il deserto dei Tartari

Ugo Pagliai e Eros Pagni in un recente allestimento
di "Aspettando Godot" di Samuel Beckett

Che siano i Tartari di Buzzati o il Godot di Beckett, spesso attendiamo invano qualcuno o qualcosa che ci cambi la vita e intanto giorno dopo giorno la vita cambia noi...


Trasformare il mondo in pittura

“ 'Il  pittore si dà con il suo corpo’ dice Valery. E, in effetti, non si vede come uno Spirito potrebbe dipingere. È prestando il suo corpo al mondo che il pittore trasforma il mondo in pittura".
Maurice Merleau-Ponty, L'occhio e lo spirito


Maurice Merleau-Ponty
 "Prestando il suo corpo" il pittore si inserisce nella fitta trama di percezioni, umori, ricordi di cui è intessuto il "mondo della vita", non si pone dalla parte di un soggetto contrapposto ad un oggetto, guarda ed "è guardato"; possiede un sapere corporeo, pre-razionale e un sapere "tecnico" (la pittura appunto, con il suo bagaglio di strumenti e procedimenti) che gli ha consentito di affinare e rendere più perspicuo il primo e fare della sua pratica inventiva (di cui in un memorabile saggio di Merleau-Ponty la paziente ricerca di Cézanne, venata di dubbi ma animata da incrollabile tenacia, è emblema di straordinaria evidenza) un'incessante interrogazione dell'enigma della visione: incessante perché inesauribile è l'enigma.
Trasformare il mondo in pittura, a partire proprio da questa immersione piena e disarmata nel mondo, significa quindi non riprodurlo ma riproporlo allo stato nascente, ogni volta per la prima volta e mai una volta per tutte, nel cuore stesso dell' Essere.

lunedì 3 giugno 2013

Il mondo incantato di Mario Raciti

Al Museo Diocesano di Milano è aperta fino al 9 giugno la mostra "Mario Raciti. Opere 1962 - 2012".
 



"Presenze" - 1963
È intriso di sensibilità romantica e simbolista (Böcklin e Klinger, per citare un paio almeno di nomi) ma anche di umori novecenteschi ampiamente diffusi in quel volgere di anni che ne videro emergere con autorevolezza la personalità artistica, tra la fine dei cinquanta e i primi anni sessanta del secolo scorso, al punto che la critica spesso ne ha collocato l'opera nell'ambito dell'informale, comodo passepartout interpretativo per esperienze spesso divergenti, anche se è pur vero che per molti all'epoca fu una sorta di passaggio obbligato. Da allora Mario Raciti ha elaborato un variegato mondo onirico le cui presenze prendono vita e si animano per associazione e condensazione, secondo i meccanismi propri dell'inconscio, ma con un'adesione in realtà consapevole e culturalmente avvertita alle modalità della favola e del mito, ritraendosi però al tempo stesso da forma e racconto, per evocarne piuttosto la sostanza attraverso tracce residue, per assenza (e "Presenze Assenze" è non casualmente il titolo di uno dei suoi cicli più noti).

"I fiori del profondo" - 2013
 



martedì 14 maggio 2013

Tecnica e Potere

Il Panopticon di Bentham
Armando Torno, in un articolo apparso sul Corriere della Sera in occasione della pubblicazione nelle edizioni Bompiani del libro  «Responsabilità della vita. Un confronto fra un credente e un non credente» (rispettivamente il filosofo Giovanni Reale e il noto oncologo Umberto Veronesi) riporta un'illuminante citazione sul tema -oggi assai dibattutto- del "fine vita": «Non è praticamente mai il paziente a essere chiamato a decidere. È il tecnico. La Tecnica aumenta la libertà del tecnico, ossia il suo potere, la sua potenza. Ed è a questa crescita di potenza che viene sempre ricondotta la sedicente libertà dovuta alla Tecnica... Essa permette di modificare, di deviare, di respingere il processo naturale (che ad esempio porterebbe alla morte), è evidente che la decisione dell'uomo si sostituisce alla "decisione" della "Natura". Ma questa decisione non è quella dell'uomo interessato dal fenomeno, è quella dell'uomo detentore della Tecnica. Potere dell'uomo sull'uomo». (Jacques Ellul, Il sistema tecnico, Jaka Book ed. ). Un potere dunque reale, quello della Tecnica, e spesso tutt'altro che neutrale, soggetto a pressioni e forti condizionamenti economici e ideologici, fino a farsi essa stessa ideologia pervasiva ed opprimente, che trova un'immagine di forte pregnanza simbolica nel Panopticon di Bentham.

sabato 30 marzo 2013

Magia dei collages di Francis Davison

Sono molti gli artisti che ho imparato a conoscere navigando in Internet; questo blog è anche un mezzo per condividere il piacere di tali "scoperte".
Francis Davison è oggi considerato uno dei maggiori artisti britannici del '900, benché non ancora particolarmente noto al grande pubblico.
 





Nato nel 1919 a Londra e adottato da una famiglia benestante trascorre l'infanzia e l'adolescenza in un castello della Francia meridionale. Dopo studi prevalentemente di letteratura ed antropologia, nel 1946 è invitato dall'artista Patrick Heron a St.Yves in Cornovaglia, dove conosce la pittrice Margaret Mellis, sua futura moglie, ed inizia a dedicarsi anch'egli alla pittura e dal 1952 al “collage”, fino a farne la tecnica preferita ed infine esclusiva, utilizzando sempre e solo carte stampate (non dipingendole come ad esempio Matisse) e generalmente strappate in modo da avere lembi irregolari. Pochissime le sue mostre fino ai primi anni '80; poi nel 1982 una personale al Museum of Modern Art di Oxford e nel 1983 la grande rassegna alla Hayward Gallery di Londra, promossa dall'Art Council. Muore l'anno successivo.
 
 
                                             

http://www.julianspalding.net/JS/Francis_Davison.html



martedì 12 marzo 2013

I quadri "senza fine" di Colette Brunschwig





Internet è un immenso deposito di informazioni e suggestioni. Mi è capitato recentemente di imbattermi nell'opera di Colette Brunschwig (Le Havre 1927). L'artista si forma nella Parigi dell'immediato dopoguerra, tra fermenti surrealisti ancora vivi e fecondi, art autre e tachisme e allestisce la prima mostra personale nel 1952. Le sue opere nascono da una lenta accumulazione di segni e stesure di colore; particolarmente interessanti le sue opere su carta e i suoi libri che reinterpretano con grande sottigliezza la tradizione cinese.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

venerdì 8 febbraio 2013

L'amicizia secondo Hugo von Hofmannsthal

Hugo von Hofmannsthal
"Gli amici non sono nè molti nè pochi ma in numero sufficiente" e inoltre: "si hanno un po' meno amici di quanto si suppone, ma un po' più di quanto si conosce". Le parole di Hugo von Hofmannsthal danno dell'amicizia una misura ben diversa dalla dolorosa e angosciante solitudine che spesso circonda l'individuo contemporaneo e dalla simmetrica, inflazionata ed illusoria "amicizia" promessa dai social networks con un semplice clic del mouse. Inoltre l'amicizia conosce diverse gradazioni d'intensità, dalla confidenza più piena a una più feriale consuetudine di reciproca comprensione; e conosce anche, come l'amore, le "intermittenze del cuore" magistralmente descritte da Marcel Proust. 

sabato 2 febbraio 2013

Elezioni: la cultura è la grande assente



Oggi sul Corriere della Sera Gian Antonio Stella denuncia la preoccupante mancanza dei temi della cultura e della tutela del patrimonio artistico e paesaggistico dal dibattito politico in piena campagna elettorale; e -come è nelle sue abitudini- snocciola dati inequivocabili. Consultando l'archivio Ansa, la maggiore agenzia giornalistica nazionale, risulta che nell'ultimo mese "in totale i sei leader in corsa hanno avuto 5.284 titoli di cui solo 3 (tre!) che in qualche modo facevano riferimento alla cosa per la quale l'Italia è conosciuta e amata nel mondo", la cultura appunto. Lo scorso 6 dicembre riportavo la notizia dell'inaugurazione in Francia della nuova sede del Louvre a Lens, in passato importante centro minerario ma da tempo in grave crisi economica: un massiccio investimento nella cultura quale fattore essenziale del rilancio economico di una regione depressa. Senza dimenticare, naturalmente, che la cultura è patrimonio collettivo.

 

domenica 27 gennaio 2013

Giornata della memoria

Il dovere della memoria è più che mai pressante oggi in un' Europa percorsa da populismo e xenofobia: pensare che ciò non ci riguardi è già un forma tacita di complicità.

domenica 13 gennaio 2013

L'opera al nero di Alberto Burri

Con evidente allusione all'alchimia e all'omonimo libro di Marguerite Yourcenar si intitola Opera al nero” la rassegna, aperta fino al 31 marzo alla Galleria dello Scudo di Verona, di una trentina di opere di Alberto Burri realizzate dal 1972 al 1992, caratterizzate non solo dalla monocromia ma anche dall'utilizzo del medesimo materiale, il cellotex, un impasto di segatura e colla pressate, spesso impiegato dall'artista.


 
Per Burri il nero non è la negazione del colore, piuttosto una sorta di punto di fuga del colore (uno dei due punti di fuga, l'altro essendo il bianco, cui pure l'artista dedica opere tra le più importanti della sua produzione), il limite estremo e invalicabile d'un progressivo attenuarsi della luce (Annottarsi è il titolo di due cicli consecutivi); il nero, esibito nella sua assolutezza non sprofonda nella totale uniformità e quindi nell'indifferenziato, inevitabile se si limitasse alla mera giustapposizione delle campiture; ne deriverebbe la negazione della forma, di cui Burri persegue da sempre una limpida enunciazione, salvo identificarla tautologicamente con quella del supporto, anche se i sacchi e le combustioni cui deve il raggiungimento di una notorietà internazionale potrebbero suggerire un'adesione alla poetica informale e a sofferte implicazioni esistenziali. Ma era -in quelle opere che suscitarono tanto scandalo- soprattutto la novità delle materie prescelte e la facies scabra o corrosa ad assorbire all'epoca l'attenzione distogliendola da aspetti della sua poetica non meno fondamentali e con sempre maggiore chiarezza emersi nei decenni successivi; in realtà per Burri il colore stesso è ben più che dato della percezione, per l'artista che opera con pigmenti è un attributo della materia che può darsi essa stessa quale colore (come ad esempio in molti cellotex), per instaurare un equilibrio formale che nel corso degli anni è apparso sempre più evidente, rigoroso ed essenziale. Ma sarebbe del pari un errore ricondurre la sintesi estrema cui perviene ai modi del minimalismo, perlomeno di quello più canonico, che sembra ridursi quasi all'afasia e all'impersonalità laddove Burri persegue una purezza di grande pregnanza estetica. Il nero così si articola nei diversi neri ad opera della diversità delle materie e grana superficiale, della diversa incidenza della luce (senza luce non c'è visione possibile, la non-luce del nero presuppone pur sempre la luce nell'opera visiva), sino alla rivelazione aurorale della forma
 


mercoledì 2 gennaio 2013

Ville Venete sotto assedio



Qualche giorno fa Gian Antonio Stella ha pubblicato sul Corriere della Sera un articolo dal titolo tristemente eloquente ("Assedio alle ville venete. I gioielli sotto il cemento"), corredato di cifre allarmanti: invito quanti seguono questo blog a leggerlo attentamente. Il vincolo monumentale cui gli edifici sono sottoposti, infatti, raramente si estende al territorio circostante, che andrebbe invece tutelato insieme ai manufatti architettonici. La foto che da quell'articolo ho tratto è emblematica di un territorio ferito e gravemente compromesso: in fondo, sotto il puntino rosso Villa Trissino Giustiniani a Montecchio Maggiore in provincia di Vicenza, in primo piano un silos agricolo. Esempi del genere sono numerosi purtroppo nel Veneto.